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A chi spetta la quota di un erede che rinuncia all’eredità?

Rinuncia all’eredità

Una delle domande più frequenti in tema di successione è quella che riguarda la situazione di un erede che rinuncia all’eredità. Sono infatti molti i motivi che potrebbero portare un soggetto a rinunciare alla propria quota di eredità. Il più diffuso è il timore di dover assolvere ai debiti del defunto (per approfondire, il nostro articolo Ereditare debiti dai genitori: come evitarlo).

A chi spetta, dunque, la sua parte? Una situazione che in realtà potrebbe presentarsi anche nel caso in cui un soggetto muoia prima di accettare l’eredità. Ci sono delle regole che la legge stabilisce nei casi in cui un erede non può o non vuole accettare la sua quota di eredità. Queste regole sono però valide solo nel caso in cui il defunto non abbia già disposto un testamento con la sostituzione dell’erede in questione con un altro soggetto. Nel caso, cioè, non abbia già stabilito un’alternativa a quell’erede. 

Rinuncia all’eredità: la rappresentazione

La rappresentazione si applica sia nel caso in cui il defunto sia morto senza lasciare testamento, sia in caso contrario. La differenza è che, in caso di testamento, diventa necessaria la verifica dell’eventuale alternativa. Se, cioè, il testatore abbia già previsto un possibile rifiuto da parte dell’erede. Qualora ci fosse un sostituto, questi subentrerà nella quota dell’erede che ha rinunciato all’eredità.

Il meccanismo di rappresentazione si verifica dunque quando una persona è chiamata a succedere a un’altra. Ma vale solo nel caso in cui questo soggetto sia il figlio, il fratello oppure la sorella dell’erede che ha rifiutato quella quota (art. 467). Se infatti si tratta di un altro erede, non c’è rappresentazione. E quindi questa quota andrà ad accrescere le altre quote. In pratica, la quota destinata a un erede, va ai suoi figli (o ai suoi fratelli). 

La rappresentazione entra in gioco nei casi seguenti:

  • Rinuncia del chiamato.
  • Indegnità del chiamato: non operando l’indegnità in modo automatico, per aversi rappresentazione è necessario che passi in giudicato la sentenza di esclusione.
  • Premorienza, accertata o presunta, del chiamato.
  • Perdita del diritto di accettare per decorrenza del termine stabilito dal giudice (art. 481).
  • Diseredazione, che ha effetti nei soli riguardi del diseredato e, pertanto, non esclude che il discendente di chi sia stato diseredato dal testatore possa succedere per rappresentazione.

L’accrescimento

Cosa succede se un erede diverso dal figlio, dal fratello o dalla sorella del defunto, decide di rinunciare all’eredità? In questo caso, se non sussiste neanche una clausola nel testamento che ne indichi un sostituto, avviene il cosiddetto meccanismo dell’accrescimento. Cioè accade che la quota dell’erede che ha rinunciato va a incrementare le quote degli eredi rimanenti. 

Quando può essere messo in pratica il meccanismo di accrescimento? In presenza di diversi presupposti: 

  • Istituzione di più eredi nello stesso testamento.
  • Istituzione in parti uguali o senza determinazione di parti: cioè quando il testatore non determina le quote o le determina in parti uguali.
  • Uno degli eredi non accetta la sua quota: cioè quando un erede non possa o non voglia accettare sia per cause naturali (morte) sia per cause giuridiche.
  • Il mancato operare della rappresentazione, della sostituzione e della trasmissione. Procedure che quindi prevalgono sull’accrescimento.