In molti in questo periodo si domandano se possibile sospendere il pagamento dell’affitto o se recedere dal contratto a causa, per esempio, del mancato utilizzo dell’immobile. Quest’ultimo è il caso di molti studenti fuori sede che hanno lasciato le città universitarie per rientrare a casa propria, dove stanno trascorrendo la quarantena con le rispettive famiglie.
Affitti e decreto Cura Italia
In generale, il decreto Cura Italia non prevede strumenti legislativi straordinari per le locazioni ad uso abitativo. Di fatto, non c’è una legge che consente all’inquilino di un’abitazione di poter ottenere la riduzione o la sospensione del canone di locazione. A meno che non si verifichino eventi straordinari.
Pertanto, si fa fede all’articolo 1467 del Codice civile: in caso di circostanze straordinarie e imprevedibili, chi non riuscisse più a pagare il canone d’affitto, potrebbe (dopo aver dato prova dell’evento straordinario) chiedere la risoluzione del contratto.
Affitto e Covid-19, il confronto tra le parti interessate
Una soluzione più moderata, in questa fase di emergenza, potrebbe essere quella di un confronto tra le parti. Infatti, inquilini e proprietari potrebbero accordarsi per rinegoziare il canone di locazione. Ad esempio, il locatario di un appartamento potrebbe accettare una riduzione o rimodulazione dell’affitto. Un’altra soluzione, magari, potrebbe essere quella di posticipare la scadenza della data di pagamento. Soluzioni utili tramite cui evitare di recedere dal contratto.
Diversamente, un’ulteriore soluzione potrebbe essere quella della scrittura privata. Quest’ultima, infatti – con la riduzione temporanea dei canoni – “consentirebbe non solo di regolare una modifica (ancorché temporanea) tra le parti, ma permetterebbe al proprietario anche di pagare all’Agenzia delle Entrate le imposte in base ai canoni effettivamente percepiti per il periodo indicato”. (Ilsole24ore.com)
Qualora non si trovasse un accordo tra le parti, il conduttore sarebbe tenuto a recedere dal contratto facendo valere la sussistenza di gravi motivi. Ci si atterrebbe, così, all’art.3 del Dm 16 gennaio 2017, il quale ha introdotto un termine breve per il recesso. Nel caso in cui, chiaramente, l’epidemia da Covid-19 dovesse protrarsi ancora a lungo.
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