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Blocco licenziamenti, cosa succede dal 31 marzo?

Blocco licenziamenti

Il blocco licenziamenti è attivo dal 17 marzo 2020. Si tratta di una misura che rende impossibile per le aziende licenziare dipendenti coperti da contratti individuali e collettivi. La recente Legge di Bilancio (la legge n. 178 del 30 dicembre 2020) ha prorogato il blocco fino al 31 marzo 2021, prolungandone di fatto gli effetti rispetto a quanto stabilito dal Decreto Ristori (che aveva previsto il blocco fino al 31 gennaio 2021). A meno di ulteriori proroghe, quindi, dal 1º aprile le aziende potranno ricorrere a licenziamenti individuali o collettivi per giustificati motivi. Cioè tutti quei licenziamenti inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro nell’azienda.

Blocco licenziamenti: procedura individuale

In assenza di proroga del blocco, quindi, dal 1º aprile 2021 le aziende avranno la possibilità innanzitutto di risolvere i rapporti di lavoro a seguito di licenziamento individuale. Cioè la fine dei rapporti lavorativi individuali dovuta a giustificati motivi oggettivi. 

Sempre in caso di licenziamento per giustificato motivo, potranno avviare procedure di conciliazione obbligatoria verso quei lavoratori assunti prima del Jobs Act. Cioè quei lavoratori dipendenti assunti prima del 7 marzo 2015 con organico superiore alle 15 unità. 

Blocco licenziamenti: procedura collettiva

In secondo luogo, le aziende potranno risolvere anche le procedure di licenziamento collettivo. Si tratta di quelle procedure che riguardano aziende con più di 15 dipendenti e più di 5 licenziamenti per giustificato motivo avvenuti in 120 giorni. 

Dal 1º aprile 2021 potranno dunque concludersi le procedure avviate dopo il 23 febbraio e che sono state congelate con il blocco licenziamenti. O, comunque, potranno essere avviate nuove procedure di licenziamento collettivo. 

Licenziamenti e Naspi

Ai dipendenti licenziati per giustificato motivo oggettivo che sono in possesso dei requisiti contributivi, spetta l’indennità di disoccupazione Naspi erogata dall’Inps (per saperne di più, il nostro articolo Naspi 2021, requisiti e importi). Questi licenziamenti rientrano infatti tra le ipotesi di perdita involontaria del posto di lavoro.

I requisiti contributivi per accedere all’indennità sono:

  • Un minimo di 13 settimane di contributi versati nei 4 anni che hanno preceduto la perdita del lavoro.
  • 30 giornate effettiva di lavoro nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. 

I numeri Istat

L’stat segnala intanto che a dicembre 2020 ci sia stato un calo di 444 mila occupati rispetto al 2020. Il tasso di occupazione è quindi sceso dello 0,9%. I lavoratori precari sono stati i primi a pagare le conseguenze della cresi economico-sanitaria: lavoratori dipendenti con contratti flessibili, stagionali e, ovviamente, i lavoratori autonomi con partita IVA. Tra i lavoratori dipendenti i danni si sono invece contenuti proprio per via del blocco licenziamenti. Oltre alla cassa integrazione, che ha riguardato oltre 7 milioni di lavoratori. 

Cosa sarebbe accaduto se il blocco non ci fosse stato? Difficile stimarlo. Ci ha provato la Banca d’Italia, che ha ipotizzato che, senza le misure adottate in materia di lavoro, la pandemia avrebbe fatto registrare una perdita di circa 600 mila posti di lavoro.