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Riforma pensioni 2023

Il Governo è in stallo. Fatica ad arrivare un’intesa per la riforma entro fine maggio, ma ecco tutte le possibili soluzioni e proposte per la riforma pensioni del 2023.

Pensioni 2023: cosa potrebbe accadere

La questione delle pensioni sembra essere un problema difficile da risolvere. Sebbene il governo non riesca a trovare una soluzione per le riforme entro la fine di maggio, i sindacati chiedono che la questione venga inserita nell’agenda nazionale dopo il naufragio di febbraio per l’invasione russa dell’Ucraina.

La Def approvata dal ramo esecutivo non prevede azioni correttive per il Fornero Act, quindi la legge riprenderà nella sua forma attuale a partire da gennaio 2023. Una delle poche certezze riguarda la quota 102 (64 e 38 donazioni), che non dovrebbe essere rinnovata dall’inizio del prossimo anno

E la legge Fornero?

Con la Quota 41 in scadenza alla fine di quest’anno, il governo Draghi fatica a trovare l’intersezione tra le risorse disponibili del Paese e le richieste dei sindacati. Nelle ultime settimane è stata sul tavolo l’ipotesi di testare in due momenti diversi prima e dopo i 67 anni. Quindi, una “pensione a due stadi” che eviti il ​​ritorno della legge Fornero.

Con questo sistema riavviato più volte dal Presidente dell’Inps, Tridico, la prima quota sarà relativa alla quota versata, calcolata con il sistema di pagamento. La seconda parte, la parte salariale, arriverà più tardi. Quindi, una volta raggiunta la pensione, i lavoratori avranno diritto a tutte le prestazioni, comprensive di due rate.

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Anni e contributi per le pensioni 2023

Si prevede che a partire dall’età di 64 anni sarà possibile lasciare l’azienda ed entrare in pensione in due tempi. L’intera pensione verrà quindi pagata all’età di 67 anni. Oltre all’iscrizione, l’amministrazione può richiedere un altro requisito: almeno 20 anni di contributi allo Stato, contributi pensionistici pari o superiori a 1,2 volte l’assegno sociale.

Per il tesoro, questo sarà un meccanismo ampiamente sostenibile. Secondo Tridico, questo tipo di pagamento anticipato costerà infatti 400 milioni di euro all’anno. Molto inferiore ad esempio a 10 miliardi di “Quota 41”.